Frequento Bologna da qualche anno, un po’ per amore, un po’ per amicizia, un po’ per lavoro ma soprattutto per la sua anima multiforme. I continui mutamenti dati dall’andare e venire di giovani artisti e studenti si mescolano col fermento delle diverse culture che convivono tra loro, il tutto tenuto insieme da un’identità storica fortissima.
Ebbene, oggi ci faremo raccontare un po’ la città da Federico in arte Cimini, originario della provincia di Cosenza, arrivato a Bologna per l’università e rimasto per la musica.
Ciao Federico, come prima cosa ti chiedo di presentarti ai lettori di Bossy: sentiti libero di raccontarci chi sei come persona e come artista.
Ciao Bossy, sono Cimini e sono un cantautore. Mi piace scrivere, cantare e girare l’Italia per concerti. Come persona invece sono Federico e sono uno come tanti.
Sei calabrese ma ormai vivi da tempo a Bologna. C’è un luogo di questa città dove ti senti più a casa e dove hai superato le ansie e le paure del fuorisede?
Sì ed è Piazza Carducci: qualche anno fa mi sono trasferito in quella zona e ho vissuto la cosa come un passaggio dalla vita da fuorisede a quella di persona che ha deciso dove stare. Mi mette equilibrio e pace.
Parliamo del periodo di pausa che ti sei preso dalla musica. Perché hai deciso di fermarti e cosa ti ha spinto poi a riprendere a scrivere?
Mi ero fermato perché avevo smesso di divertirmi e perché mi sentivo circondato dalla gente sbagliata. Ho subito quella decisione come un trauma, però mi è stata utile per chiudermi in cameretta e scrivere canzoni sul mio stato d’animo. Lo so, non è stato il massimo della coerenza.
Nella tua produzione hai dimostrato di saper trattare tematiche importanti (guerra, ansia, omofobia, droghe, differenze tra nord e sud…) raccontaci da dove prendi l’ispirazione e in che modo cerchi di comunicare questi temi al tuo pubblico.
C’è sempre molto vissuto, esperienze che ho passato io o che ho visto passare a qualcun altro, ma ci sono anche cose che mi fanno arrabbiare, oppure film, libri o poesie. L’importante è che riesca ad immedesimarmici.
Nel nuovo disco torni a parlarci della tua terra d’origine: in futuro vorresti tornarci come il “tuo” Michele (protagonista dell’album di esordio «L’importanza di chiamarsi Michele», NdR) o ormai ti senti del tutto bolognese?
Il mio album d’esordio risale a una vita fa e da allora per me sono cambiate molte cose. Prima avevo la nostalgia del terrone, perché mi mancava la casa d’origine e la mia famiglia. Non credo di sentirmi bolognese ma sono abbastanza sicuro del fatto che Bologna sia casa mia, ma anche San Lucido continua a esserla.
Il tour è partito da Foggia il 9 novembre, il 28 suonerai a Milano al circolo Magnolia. Tour significa fare sali e scendi dal furgone al palco. Facciamoci prendere dalla malinconia, cosa ti manca di Bologna quando sei altrove?
Essere in tour è bellissimo ma anche un po’ stressante e spesso penso di avere bisogno di quella pace che riesco a trovare solo a Bologna. Però in realtà quando sono in tour mi mancano le serate in centro con gli amici.
Il posto del cuore, quello dove possiamo trovarti a bere con gli amici o intento a scrivere un nuovo pezzo?
Il Cortile café.
Un’ultima domanda: dove mi porti a mangiare le tagliatelle?
Le tagliatelle ormai sono mainstream, quindi ti porto a mangiare i passatelli in brodo il mercoledì da Dall’Olio.
Ed eccola di nuovo qui, la voglia di tornare a Bolo a salutare tutti i regaz, la voglia di sedermi sotto un portico con una birretta in mano o di fare l’alba dopo una serata al Cassero, di guardare il sole salire mentre gli hipster prendono il caffè al barino e gli anziani comprano la frutta dal pakistano. Eccola qui la voglia di questa città dove pure io, milanese di nascita e di appartenenza, mi sento a casa. Casa dove tutti sono i benvenuti!
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Photo Credits: Francesca Roberto
Immagine copertina: CIMINI