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Musica, amore e globalizzazione: intervista a Wrongonyou
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Musica, amore e globalizzazione:
intervista a Wrongonyou

Family Of The Year è un manifesto d’amore, oltre le diversità e le difficoltà.

Singolo estratto da Rebirth, primo disco del cantautore romano Wrongonyou, pubblicato per Carosello Records pochi mesi fa, con il suo video è stato scelto come colonna sonora della Pride Week da Real Time – quest’anno partner per la prima volta di Milano Prideper la sua corrispondenza perfetta con la diversity sulla quale il canale incentra la sua offerta.

Family Of The Year, con le sue parole e le immagini, provoca e stimola la riflessione dello spettatore, mostrandogli come ci siano tante forme di famiglie, esemplificandone nove, andando oltre lo stereotipo della famiglia composta da madre-padre etero con figli.
Toccando i temi di amore, diversità, accettazione, omogenitorialità, identità di genere, immigrazione, integrazione, abusi in famiglia, sostegno nella malattia e accoglienza, il brano mostra come non ci sia un unico modello di famiglia da premiare come famiglia dell’anno, ma che ce ne possono essere di tanti tipi, felici, unite dall’amore e nel superare le difficoltà della vita.

Wrongonyou all’anagrafe si chiama Marco Zitelli, è romano ed è nato nel 1990.
Insieme, abbiamo parlato della sua musica, di Family Of The Year e della globalizzazione.

Marco, come nasce Wrongonyou?
Sostanzialmente ho iniziato a cantare seriamente due anni fa, prima mi vergognavo e cantavo solo sotto la doccia!
Nella dimensione “gruppo” mi son sempre scontrato con la libertà artistica ed avviare un progetto solista è stato per me il modo migliore di esprimere la mia arte, nonché me stesso al cento per cento.
È un progetto artistico, ma sostanzialmente anche uno sfogo: riporto in musica ciò che vedo e sento, è una forma di libertà.
Uno dei miei primi contatti con la musica è stato invece quando avevo sette-otto anni e nella macchina dei miei c’era una cassetta degli America: era rimasta bloccata, si sentivano tre canzoni e le avevo imparate a memoria nonostante chiaramente non capissi cosa stessi dicendo, ma mi guardavo nello specchietto retrovisore e mi immaginavo cantarle, sognando.
Come tanti – o tutti, a quel tempo, n.d.r. – ho avuto il periodo Backstreet Boys e Spice Girl, e poi, come chitarrista il mio periodo metal… che è durato un bel po’!
Poi ho scoperto artisti che cantavano voce e chitarra, mettendoci principalmente il cuore.
Musicisti che mi hanno colpito parecchio e dei quali mi sono innamorato, così ho deciso di rallentare il bpm, lasciare il metal e avvicinarmi a un modo di approcciare la musica più armonioso, che mi rispecchiasse maggiormente.

E chi è stato il musicista chiave in questo passaggio?
Se devo fare un nome, John Frusciante è stato il mio battesimo di fuoco, mi ha aperto un mondo che non posso più mollare.
Si è sempre espresso liberamente, ha sempre fatto quello che voleva, e questo background musicale mi ha iniziato a nuovi artisti che mai avrei scoperto senza di lui.

Rebirth, il tuo disco uscito qualche mese, di cosa parla? Qual è il brano al quale sei più legato?
Sicuramente Rebirth, la title track, l’ho cantata in un periodo buio e mi ha aiutato a farmi scivolare addosso parecchie cose, è stata provvidenziale.
I testi del disco parlano di natura, amore, pensieri sull’amore.
E per la prima volta ho affrontato il tema della famiglia, della quale non avevo mai parlato.

Cos’è per te la famiglia?
Un posto in cui si sta bene, non per forza un legame di sangue.
È dove ti senti amato e in cui ti lasci amare. Non è facile lasciare andare, lasciarsi amare, tante volte ci si butta sempre sull’amare, ma pure farsi amare non è scontato, ci si chiude spesso dentro i nostri pensieri…
mentre invece quando riesci a farti amare ti puoi prendere il mondo.

…la protagonista di Family Of The Year è proprio la famiglia…
Family Of The Year è una canzone provocatoria e ha un video provocatorio, comprende ogni tipo di famiglia, è una canzone utopica, che parla della famiglia perfetta: che non esiste.
Le critiche e gli apprezzamenti li sto ricevendo soprattutto in relazione alla famiglia gay e lesbo, invece mi sono arrivati insulti da persone omofobe, stupide.
Per alcune persone è normale che il marito picchi la moglie, l’odio e la violenza non danno fastidio, l’amore tra due uomini sì.
Bisogna ancora lottare contro l’ignoranza a livello culturale, ma anche di attenzione.
Sono contento di aver smosso qualcosa.
La globalizzazione che stiamo vivendo non significa solo andare in skate, indossare cappellini da baseball con i nomi dei giocatori di basket americani, o mettersi una maglia Nike: della globalizzazione dobbiamo prima di tutto prendere l’apertura mentale.
È come quando mi dicono che essendo italiano e cantando in inglese mi toccherà fare più strada, ma perché? Se canta Ed Sheeren in inglese va bene e io no?
Se una canzone è bella, è bella a prescindere dalla lingua in cui è cantata.
Lo stesso vale per la famiglia: non importa da chi sia composta, ma che ci sia amore.
È l’amore che manda avanti tutto.

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Per un periodo sei emigrato negli Stati Uniti, cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Ciò che mi dispiace dell’America è il razzismo, diffuso a livelli incredibili.
Sono stato in Texas e lì la situazione è davvero pazzesca, oltre al fatto di essere uno stato ultra proibitivo. Ad Austin, poi, nonostante sia una cittadina di sinistra, la situazione è drammatica: ci sono marciapiedi riservati ai bianchi e marciapiedi per i neri, non puoi camminare liberamente da una parte o dall’altra. Mi chiedo come mai stiamo prendendo dalla globalizzazione questo, e non le cose belle.
Di stimolante, invece, c’è tanta gioventù, voglia di fare, ci si crede, si investe in ciò che si vuole, ci si mette la passione, la situazione musicalmente è migliore, anche se ovviamente essendo un paese enorme c’è anche una concorrenza spietata.

Cosa stai ascoltando in questo periodo?
Un po’ di tutto! Pensa che ultimamente sto ascoltando i Duran Duran!
Mi sto poi appassionando alla musica lirica italiana scoprendo il diverso approccio di questo mondo, in cui i soldi, seppur ne abbiano fatti tanti i talenti nostrani, passano in secondo piano.
Mario Del Monaco… la Callas… Pavarotti… voci incredibili.
Mi piace della lirica la dedizione per la musica, lo studio, quel dover impegnarsi in lezioni di canto per ore e ore al giorno.
La musica nuova faccio fatica ad ascoltarla, non mi ci ritrovo con quello a cui si lega.

Che progetti hai per questa estate? Parteciperai ad altre campagne per la difesa dei diritti civili?
A livello umano sono sempre attivo, appena ho potuto ho sempre partecipato ad iniziative per i diritti, come per esempio quando ho tenuto un concerto con Amnesty International per i senzatetto. Quest’anno ho partecipato per la prima volta al Pride: è stata una marcia serena, piena di giovani, si sentiva la voglia di mandare un messaggio, è stato un bellissimo segnale.
Musicalmente, il mio tour continua in tutta Italia, l’11 luglio sarò a Milano al Castello Sforzesco!
Intanto… lavoro sul disco che vorrei pubblicare l’anno prossimo.

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