Articolo di Arianna Carena
“A tutti gli amici in Ucraina: vi voglio bene. Non ho parole sufficienti per capire cosa provate in questo momento. E’ tutto così terribile e ingiusto. Se c’è qualcosa che possiamo fare per supportarvi per favore scrivete. La mia squadra farà il possibile per assistervi”
Con questo messaggio, apparso a fine febbraio sul suo profilo instagram, Rain Dove modellə agender e attivista LGBTQIA+, dà vita all’ong Safebow che, attraverso una fitta rete di supporto offre aiuto ai civili ucraini in difficoltà, sostenendo quanti la contattano per spostarsi in luoghi sicuri, uscire dal Paese, proseguire gli studi all’estero o anche solo per dialogare e gestire in qualche modo l’angoscia di essere proiettati da un giorno all’altro in una zona di guerra, dove le bombe, il fragore dei missili che sorvolano le città, la necessità della fuga, l’incertezza sulla possibilità di pronunciare la parola “domani” sono diventati routine.
Liana Giorgi, cantante, artista, psicologa e attivista LGBTQ+, fa parte del nucleo fondatore di Safebow e spiega come l’associazione abbia cominciato tramite il passaparola su WhatsApp “quale gruppo di supporto mentale per dare alle persone il coraggio di fuggire. Si trattava di essere lì l’uno per l’altro anche se solo virtualmente”.
Successivamente Safebow ha sviluppato un’organizzazione sufficientemente strutturata da poter estendere il supporto alla vera e propria evacuazione di chiunque fosse in difficoltà, concentrando il sostegno nelle operazioni di salvataggio alle minoranze più vulnerabili che si trovassero in stato di fragilità e marginalizzazione: persone della comunità LGBTQ+, disabili, BIPOC.
Questo conflitto ha visto il proliferare di associazioni nate nel mondo LGBTQ+. I gruppi maggiormente marginalizzati che già vivono situazioni di discriminazione e/o invisibilità, vedono peggiorare drasticamente la loro condizione in caso di guerra o di altre gravi calamità.
Le donne trans ne sono un esempio: la legge marziale entrata in vigore il 24 febbraio 2022, comporta il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni e rende estremamente difficile a tutte le donne in transizione uscire dal Paese.
Paradossalmente, anche se la legge ucraina riconosce le persone trans dal 2017, l’ostracismo verso di loro è tale che l’espatrio è oggi molto difficile; questo non solo quando i documenti recano ancora il sesso maschile alla nascita, ma anche quando lo status legale di donne è stato già riconosciuto e riportato sui documenti.
“Tecnicamente, la legge si applica anche alle persone trans, inclusi uomini trans certificati e donne trans che non hanno cambiato i loro documenti. Ma sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle donne trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché”, questo afferma Olena Shevchenko presidente di Insight, un’organizzazione LGBTQIA+ ucraina.
Considerate alla stregua di disertori, quando tentano di passare il confine le donne trans subiscono maltrattamenti, interrogatori, perquisizioni umilianti e minacce di denuncia alle autorità per poi essere rispedite nei luoghi di provenienza.
Alice, donna trans di 24 anni, ha testimoniato come, durante il suo tentativo di uscire dal Paese, abbia subito un minuzioso esame da parte di tre guardie di frontiera ucraine maschi che le hanno palpeggiato il seno, con la scusa di capire se fosse finto, ed ispezionato il collo alla ricerca del pomo di Adamo, prima di decidere, in modo totalmente arbitrario, che fosse un maschio ed impedendole di conseguenza di lasciare l’Ucraina.
La stessa Rain Dove è stata arrestata a marzo in Polonia dopo aver aiutato una donna trans autistica e un uomo gay a superare la frontiera. Bernard Vaernes, attivista Safebow, ha insistito sul fatto che “In questo momento va mostrato che le persone soffrono non solo a causa della guerra ma anche a causa del sessismo e della transfobia”.
La discriminazione cui è sottoposta la popolazione trans emerge anche dalla crescente difficoltà a recuperare gli ormoni necessari ai processi di transizione a causa della chiusura delle farmacie e della mancanza di medicinali: interrompere bruscamente l’assunzione di ormoni rischia di arrecare molti danni alla salute e tuttavia questi non rientrano nei farmaci considerati prioritari dalle maggiori associazioni umanitarie.
A questo si aggiunge il timore di una possibile risoluzione del conflitto con la sconfitta ucraina, esito che si rivelerebbe particolarmente catastrofico in quanto esporrebbe la comunità LGBTQIA+ a nuovi pericoli dovuti alla politica omo-transfobica della Russia suggellata da quanto detto da Putin nel 2021 che ha suggerito come la fluidità di genere sia da considerarsi “un crimine contro l’umanità”.
Sono peraltro ben noti gli orrori già denunciati in Cecenia dove nel 2017 il quotidiano indipendente Novaja Gazeta ha riferito che molti uomini gay, o ritenuti tali, sono stati rapiti, e torturati mentre testimoni oculari hanno dichiarato che un certo numero di persone catturate erano state uccise e alcune erano state consegnate alle loro famiglie perché eseguissero “delitti d’onore”, secondo le “tradizioni” locali.
Laddove l’evacuazione dall’Ucraina abbia esito positivo le persone queer e trans vanno incontro a ulteriori possibili disagi, se non pericoli, laddove la nazione ospitante non abbia leggi a tutela LGBTQIA+ o abbia comunque una cultura di riferimento e/o una politica a carattere transfobico.
È la situazione della Polonia, Paese che, pur avendo pubblicamente dichiarato che avrebbe supportato i rifugiati e le rifugiate dall’ Ucraina, ha una politica ampiamente contro i diritti civili e la comunità LGBTQIA+, tanto che più di cento comuni si dichiarano con orgoglio “LGBTQ+ free”. Stesso discorso vale per l’Ungheria, un altro Paese meta naturale per chi fugge dall’ Ucraina. Nei Paesi limitrofi, dunque, le persone LGBTQ+ si trovano ad affrontare un doppio stigma: quello legato al genere non conforme e quello di immigrato straniero.
Nel frattempo la legge marziale, già prolungata fino al 23 agosto, viene nuovamente posticipata a data da destinarsi.
Amare le considerazioni di Roberto Saviano che, riportando la notizia di un missile caduto su una fermata di autobus a Kharkiv uccidendo un ragazzo, parla di Balcanizzazione del conflitto “Ossia una guerra lunga, lunghissima, di cui l’attenzione pubblica si accorgerà sporadicamente, solo quando ci saranno eventi eclatanti. I morti quotidiani, ormai, non generano più alcuna reazione.
In questo desolante contesto, Safebow tenta di seguire chiunque richieda aiuto sia da un punto di vista logistico, recuperando i mezzi necessari per lasciare la propria casa, città e Paese considerando anche gli animali domestici come parte del nucleo familiare, sia legale offrendo supporto a chi voglia richiedere asilo in altri Paesi o visti per poter proseguire gli studi all’estero. L’associazione si preoccupa inoltre di cercare e mantenere alloggi destinati a chi non può lasciare il Paese ma necessita comunque di spostarsi in località più sicure lontane dalle zone rosse maggiormente interessate dal conflitto.
Attualmente il lavoro di Safebow e di analoghe associazioni umanitarie sembra l’unico argine contro la disperazione di chi nella popolazione è più fragile.