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Some Prefer Cake Festival – Sessualità queer: intervista a Helena Falabino
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Some Prefer Cake Festival – Sessualità queer: intervista a Helena Falabino

Come ogni anno (da quattordici anni!), la fine di settembre coincide con l’inizio del Some Prefer Cake, il festival internazionale di cinema lesbico creato da Luki Massa e Marta Bencich, promosso dall’Associazione Luki Massa e diretto dall’agenzia di comunicazione bolognese Comunicattive.

Conclusosi nella sua versione “offline” il 25 settembre, il festival si è ora spostato online sulla piattaforma openddb.it, in una selezione streaming di film proiettati in presenza.

Filo conduttore di questa edizione è il desiderio di raccontare storie di vita lesbiche comuni, in lotta per rivendicare la propria esistenza in una società violenta che invisibilizza le soggettività fuori dalla norma imposta.

Per addentrarci ancora di più nelle tematiche del festival, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Helena Falabino, curatrice della sezione dedicata ai corti erotici.

Fotografa e visual artist italo-argentina, Helena Falabino è autrice di svariati progetti interessanti e importanti come “Rede mit uns”, di cui ci ha parlato proprio in questa intervista.

Dal senso di comunità alla fluidità di ruoli, dalla differenza tra “porno” ed “erotico” alla produzione di corti in Italia: ecco cosa ci ha raccontato Falabino (lasciandoci di rimando un sacco di spunti da poter studiare e sperimentare).

Che cos’è per te il Some Prefer Cake Festival?

Sicuramente un momento di incontro, un appuntamento praticamente fisso da quando abito a Bologna. Some Prefer Cake è uno spazio costituito dalle migliaia di relazioni che negli anni lo hanno abitato ed è molto bello essere parte di questa rete lesbica.

Questo è il primo anno che vi prendo parte come programmer della sezione cortometraggi ed è stata un’occasione per interrogarmi a lungo su cosa si intende con “cinema lesbico e femminista” e riflettere su come e cosa si decide di raccontare attraverso il cinema della vita lesbica. Ovviamente è anche un’occasione per divertirsi, uno spazio di cultura lesbica da vivere insieme alla comunità.

Per il festival tu hai curato la selezione dei corti erotici. Cosa ti ha avvicinata a questa forma d’arte?

Nel programma abbiamo utilizzato la definizione “corti erotici”, ma la distinzione tra cinema erotico e pornografico è molto labile, e io personalmente preferisco parlare di corti porno. Ho cominciato a interessarmi di pornografia queer e alternativa negli anni in cui ho vissuto a Berlino, fra il 2010 e il 2015. In quel periodo ho lavorato a un progetto fotografico costituito da ritratti e interviste a sex worker autodeterminate dal titolo “Rede mit uns” che potete trovare a questo link. Una di loro mi ha invitata ad andare con lei al Porn Film Festival che si tiene a ottobre, e da allora cerco di andarci regolarmente. Nel 2021 mi sono laureata in semiotica con una tesi sui legami fra post-pornografia e teorie queer, e sto cercando di implementare questi linguaggi nella mia pratica artistica, dal momento che lavoro come fotografa e artista visiva.

Il porno mi interessa perché a prescindere da cosa trovo eccitante, mi piace vedere i modi in cui le persone queer esprimono la propria sessualità attraverso il mezzo cinematografico, da quello più patinato a quello più sperimentale.

Mi interessa l’approccio culturale alla pornografia queer, sia in termini di produzione che di ricezione e in questo senso mi piacciono molto le visioni collettive di porno durante i festival: mi interessano le reazioni e le riflessioni che emergono quando guardare porno diventa una pratica condivisa. Mi piace il fatto che grazie alla pornografia, soprattutto in queste occasioni, il limite fra spazio privato e spazio pubblico si faccia più labile.

Ci tengo comunque a precisare che la selezione dei porno è stata fatta anche grazie all’aiuto delle colleghe di Some Prefer Cake Giulia De Rocco, che ha selezionato con me anche i cortometraggi del mattino, e Teresa Sala, e con la supervisione della direzione artistica di Comunicattive.

Quali elementi dei corti erotici selezionati ti hanno particolarmente colpito?

Sicuramente la varietà dei linguaggi cinematografici e soprattutto una certa spontaneità nel rappresentare diversi modi di vivere le sessualità lesbiche. Quello che mi interessa è il fatto che in molti casi le performer sono anche le registe degli stessi cortometraggi, penso ai film TEN EURO SEA o Eat Me Outside. Marit Ostberg, regista del film Hold, è co-protagonista di FagDykeCruising insieme a Toni Karat, che l’ha diretto; Manon Praline, protagonista di Baby, è lei stessa regista, mentre Evie Snax che l’ha diretta in questo film, è una performer di porno queer della scena newyorkese. Ciò che trovo interessante è la fluidità con cui questə artistə si muovono fra i ruoli di regista e performer, e il modo in cui creano delle narrazioni molto personali sperimentando con diversi generi cinematografici.

TEN EURO SEA e FagDykeCruising mi hanno colpito perché propongono due immaginari completamente diversi sulla questione del cruising lesbico, mentre Baby mi è piaciuto moltissimo perchè riprende il linguaggio del videoclip ed è giocoso, sexy e malinconico al tempo stesso.

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Cosa pensi manchi alla narrazione LGBTQIA+ erotica, in Italia? Noti similitudini ma anche divergenze con la scena europea/internazionale?

Da quello che ho potuto osservare le cosiddette “scene” si sviluppano in contesti urbani specifici, come nel caso di Barcellona, Berlino, San Francisco o New York.

Per questo motivo personalmente non credo di riuscire a parlare di una scena “italiana” e credo che sia importante considerare i contesti culturali specifici all’interno dei quali si sviluppano oppure non si sviluppano certe pratiche artistiche.

Detto questo, il nostro contesto culturale lo conosciamo, è difficile produrre cortometraggi in generale in Italia, anche non pornografici, e chi si occupa di cinema lo sa bene.

Ma la pornografia queer, sia in Italia che all’estero, molte volte è fatta da artistə che ricorrono a mezzi di produzione cinematografica decisamente fai-da-te, e non per questo sono meno interessanti, anzi. C’è molto underground e quello che mi auguro è che prima o poi ci sia una proliferazione di narrazioni lesbiche, frocie, trans, non-binary, queer, LGBTQIA+, porno e non porno, che a questo punto ci invito a creare da noi, coi mezzi che abbiamo.

In Italia i festival in cui vedere porno anche LGBTQIA+ non mancano e questo è già un buon modo per dare vita alla proliferazione di diverse culture del porno che io personalmente mi auguro.

Cosa consiglieresti di vedere, leggere o esplorare a una persona interessata ai corti erotici LGBTQIA+, ma completamente neofita dell’argomento?

Consiglio la lettura di PostPorno, di Valentine aka Fluida Wolf, uscito per Eris Edizioni; un giro su uniporn.tv in cui potete trovate una serie di cortometraggi interessanti; e in ultimo consiglio di seguire, oltre ovviamente Some Prefer Cake, festival come Ce l’ho Porno a Bologna, Fish&Chips a Torino e Hacker Porn a Roma, oltre al già sopracitato Porn Film Festival di Berlino.

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