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La nostra società non è fatta per le persone single
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La nostra società non è fatta per le persone single

“E se oggi una ragazza può vivere per conto suo, lo dobbiamo anche a quelle donne che – tutte insieme – hanno vissuto per conto loro.” – Chiara Sfregola (Signorina)

In caso non fosse già chiaro prima del 2020, la nostra società non è fatta per le persone single. Essere single è caro, scomodo e comporta il rischio di fare andare a male il cibo più spesso, perché le porzioni viaggiano in coppia.

Vi è mai successo, per esempio, di trovarvi davanti a due confezioni dello stesso prodotto, una più grande e più economica dell’altra, e di dover scegliere se comprare quella e rischiare di non finirla o se optare per l’altra e pagare di più per una monoporzione? Proprio la settimana scorsa, il 5 febbraio, ricorreva la Giornata contro lo spreco alimentare e spesso chi è single o vive solə si ritrova nella posizione di dover mangiare per due o rischiare di sprecare del cibo. È infatti risaputo che le confezioni monoporzione, magari vendute con il fascino di essere mini, comode o facili da trasportare, sono spesso in proporzione più care rispetto a un formato “famiglia”.

Secondo un’analisi di Coldiretti pubblicata a febbraio 2020, le persone single – ai fini dell’analisi: le persone che vivono sole – sono aumentate del 9% negli ultimi cinque anni, superando gli 8,5 milioni di persone. Queste rappresentano ben una famiglia italiana su tre e per loro la vita costa cara, precisamente il 78% in più in media rispetto a chi vive con la propria famiglia. Ovviamente non c’è un’equivalenza perfetta tra le persone single e chi vive solə, e in questa analisi pesano in modo particolare le persone anziane rimaste vedove, visto il costante invecchiamento della popolazione italiana. Ciò non toglie però che questi dati mostrino quanto il sistema economico sia svantaggioso per chiunque viva solə e non possa condividere eventuali spese d’affitto, costi dell’auto, ma anche solo le bollette o il cibo (solo per i generi alimentari, Coldiretti stima il 55% in più di spesa per le persone single). Chi, potendo scegliere, vorrebbe spendere più del doppio per vivere? Come se poi quello economico fosse l’unico problema di chi non vive con unə partner o all’interno di un nucleo familiare.

Essere single significa pagare per due, ma soprattutto significa anche dover affrontare lo stigma e le aspettative degli altri su come dovrebbe gestire la propria vita. È considerato strano e impossibile non avere una relazione, figuriamoci se ciò avviene per scelta: deve per forza essere indice di qualcosa che non va. Già fare qualcosa in solitudine costituisce spesso un problema: sono molte le persone che non si sentono a proprio agio a viaggiare, andare al cinema, al ristorante o addirittura a passeggiare da sole, parentesi pandemia a parte. E questo succede sia perché non siamo abituatə a vederlo fare e non ci viene insegnato ad approfittare del tempo che passiamo con noi stessə, ma anche perché non ci viene neppure insegnato come starci, da solə. Una rappresentazione sana delle persone single è importantissima e può aiutarci a costruire la fiducia di cui abbiamo bisogno per vivere controcorrente nel mondo del “per sempre felici e contenti, ma solo se si è in due”.

Questo vale anche in tempo di pandemia, in cui le cose non sono certo diventate più semplici. Nella categoria molto eterogenea delle persone single, rientrano coloro che non hanno partner stabilə ma che vivono insieme ad altre persone, così come le persone che vivono da sole, i nuclei familiari di uno, chi vive lontano dalle persone care e dalle reti di supporto: queste persone non solo hanno vissuto l’isolamento in un modo diverso rispetto alle altre persone, ma sono state anche completamente dimenticate dalle testate e dalla politica persino nei passaggi da una fase all’altra. Impossibilitate a conoscere persone nuove (se non virtualmente) per preservare la salute propria e quella altrui e per rispettare le norme vigenti, le persone single infatti hanno dovuto limitare anche i contatti con amicə, che per moltə hanno importanza pari o superiore a quella che possono avere legami familiari o relazioni con partner, con la rassegnazione che una parte della loro vita sia stata messa in pausa a marzo 2020 e fino a data da destinarsi. Il pregiudizio che i rapporti di sangue o unə partner stabile siano l’unica relazione valida – o addirittura concepibile – è nocivo e rischia di inasprire ancora di più l’isolamento e la solitudine delle persone single, oltre allo stigma verso chi conduce la propria vita senza partner.

Uno stigma che si fa ancora più imponente se si è donne: come insegna l’uso della parola “zitella”, una donna “ha sempre avuto bisogno di un marito”, ma mai il contrario. Ovviamente ci sono i parenti che chiedono di laurea e fidanzatino, in una visione eteronormativa estenuante, ma è facile in questa società interiorizzare la necessità di una “dolce metà”, credere alla favola che ci insegnano su come da sole non saremo mai complete. Gli stimoli esterni ci rimandano costantemente alla necessità di trovare la “persona giusta”, senza prendere però in considerazione la volontà e le priorità della persona, l’orientamento sessuale o il tipo relazione ricercato.

Con la crescente indipendenza economica femminile, le cose sono cambiate e continuano a cambiare, ma la cultura che ci spinge a cercare unə partner, anche al costo di rimodulare i nostri piani e le nostre ambizioni, magari per paura di restare sole, è ancora fortissima.

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Ed è questo lo stigma che si cerca di contrastare rivendicando una vita secondo i propri ritmi e senza unə partner stabile. Sempre più donne oggi decidono di vivere da sole e di non sposarsi, come racconta questo articolo del The Guardian, in un gesto di autodeterminazione e rivendicazione della propria vita e delle proprie scelte. O magari decidono di farlo più avanti e concentrarsi, nel frattempo, su altri aspetti della propria vita. Viene rivendicata la condizione di “zitella”, e ad essa vengono associati nuovi significati, nuove prospettive, nell’ottica dell’autodeterminazione. Non siamo zitelle, forse non siamo nemmeno single, siamo “self-partnered”, come si è autoproclamata Emma Watson spostando l’accento dalla mancanza di una relazione alla relazione con se stessa.

La giornalista britannica Nicola Slawson, autrice della newsletter “The Single Supplement”, racconta come spesso le persone single vengano distinte in due grandi gruppi: quelle talmente convinte della propria situazione da non volerne sapere di conoscere nuove persone e quelle invece alla disperata ricerca di unə partner. Secondo Slawson, però, la verità (e la rappresentazione di cui abbiamo bisogno) sta nel mezzo: molte persone single non escludono la possibilità di cominciare una relazione in futuro, ma allo stesso tempo sono contente e soddisfatte della propria vita da sole.

Rendiamoci conto, insomma, che il problema non è essere single, ma esserlo in un mondo che non è fatto per noi.

Artwork di Chiara Reggiani
Con immagini di: Karsten Winegeart, Lerone Pieters, Force Majeure, Timur Romanov su Unsplash
View Comments (3)
  • si può realizzare se stessi anche in coppia. e la cultura non obbliga a stare in coppia, è una libera scelta (dipende anche dalla libera scelta degli altri di voler stare con te)

    • Ciò che è stato detto nell’articolo non esclude in alcun modo il fatto che ci si possa realizzare anche all’interno di una relazione.
      Tuttavia non mi trovo molto d’accordo con quanto hai affermato: “la cultura non obbliga a stare in coppia”. Ovviamente nessuno ti viene a rincorrere con un fucile forzandoti a trovare qualcuno con cui passare il resto della tua vita, con cui sposarti e avere dei figli, ma nonostante ciò la società in cui viviamo tratta le persone single in modo diverso, sopponendole a domande e ad atteggiamenti che insinuano che essere soli vuol significare automaticamente sentire la mancanza di qualcosa o vivere una vita a metà.
      Io per prima ho sofferto gli ultimi anni questa mia condizione di solitudine perché credevo di essere sbagliata (visto la pressione che tutte le persone che mi circondava facevano su di me nel sottolineare sempre il mio essere single e dunque triste), solo quest’anno ho cominciato ad apprezzare davvero questa situazione. Ma il motivo per cui ho impiegato così tanto tempo per guardare tutto ciò da un altro punto di vista è perché finora “il problema non è stato essere single, bensì esserlo in un mondo che non è fatto per noi” per citare l’articolo.

  • Per la mia diretta esperienza dal lato economico non è assolutamente vero. Sono vegana e non mi è mai capitato di buttare via qualcosa, a differenza di quando vivevo a casa in quattro, dove molte cose finivano inesorabilmente per andare a male.
    Ho un piccolo freezer e questo mi aiuta a gestire tutto. Basta solo un po’ di organizzazione.

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