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Cosa significa essere fuori dal binario, parte seconda: intervista ad Ashley Wylde
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Cosa significa essere fuori dal binario, parte seconda: intervista ad Ashley Wylde

Poeta, youtuber, amante dei viaggi e attivista per i diritti LGBTQIA+: Ashley Wylde è una giovane americana che, solo pochi mesi fa, ha dato vita al Gender Tag Project, che poi è anche la ragione primaria che mi ha spinta scrivere un pezzo su cosa significhi essere fuori dal binario.

Eh sì perché Ashley, oltre a essere tutto quello che ho elencato poche righe fa, è anche una persona genderqueer, la cui identità di genere non abbraccia cioè ciò che convenzionalmente viene considerato dalla società come appartenente al binario ‘maschio’ e ‘femmina’.

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Tutte le foto sono cortesia di Ashley Wylde

Attraverso il Gender Tag Project, unitamente a una serie di video sempre su Youtube che trattano tematiche affini, Ashley analizza quella che è la convenzionalità attribuita alle identità, ruoli ed espressioni di genere, sradicandola di quelle che sono le idee e i preconcetti nei quali noi tutti, salvo pochissime eccezioni, siamo cresciuti, e a causa dei quali spesso e volentieri fatichiamo a comprendere, se non proprio accettare, chiunque esca da questa stessa convenzionalità. Composto da una serie di 10 domande (la cui traduzione troverete qui sotto), il Gender Tag Project pone quesiti tanto semplici quanto difficilmente messi in discussione giornalmente soprattutto dalle persone cisgender (la cui identità di genere è cioè affine al sesso biologico), con tutte le discriminazioni anche non volute che ne conseguono. Essendo quella dell’identità di genere non-binaria ancora un concetto poco approfondito all’interno della nostra società, chi è genderqueer incappa spesso anche giornalmente in costanti e dannose discriminazioni di genere, che variano dall’essere chiamati con un pronome sbagliato al subire veri e propri soprusi fisici.

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Ashley al TEDxCSU dello scorso marzo

Proprio in virtù del fatto che capire cosa significhi essere genderqueer sia difficile, e conscia della scarsità di informazioni di prima mano circa l’argomento, ho deciso di contattare Ashley e porle quale domanda. Ecco qui i risultati della nostra piccola chiacchierata:

1) Cosa significa essere genderqueer, per te?

Parole come genderqueer e non-binary (uso entrambe per descrivere la mia identità di genere), mi aiutano a spiegare agli altri in che modo la mia esperienza di vita non combaci con quello che la nostra cultura percepisce come ciò che una donna e un uomo dovrebbero essere. Quello che sono nella mia testa non è in linea con le opzioni che mi sono state fornite dalla società.

2) Quando ti sei accorta del fatto che ci fosse qualcosa di più, “fuori dal binario” delle identità di genere?

Tutto è cominciato quando ho iniziato a pensare al genere in un modo più dinamico e critico dopo che, per la prima volta, qualcuno si è riferito a me non come a una donna biologica. I miei capelli erano tagliati corti, e la persona che mi stava servendo il cibo sul piatto si è riferita a me con un ‘signore’. Poiché nessuno si era mai riferito a me chiamandomi ‘signore’, mi ritrovai costretta a cercare di capire perché quella parola mi avesse poi fatta sentire in un certo modo, nonché cosa significasse. Avevo diciotto anni quando l’identità di genere iniziò a giocare un ruolo molto importante nella mia vita.

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3) Quanto e in che modo pensi che la rappresentazione delle identità di genere (e cosa ci si aspetti per convenzione da un genere), influenzi la nostra società? E quanto peso ha avuto sulla tua vita?

I ruoli di genere rigidi, stabiliti dalle nostre culture e società, sono spesso usati come armi contro le persone transgender e non-binary. Queste armi sono anche incredibilmente pericolose, come dimostrato dalle centinaia di esempi nella cultura pop in cui si vedono donne e uomini cisgender esibire i propri ruoli di genere tradizionali, ‘lasciando’ alle persone transgender l’onere di dover spiegare agli altri come tali opzioni siano in realtà limitate.

Per quanto mi riguarda, il percorso alla ricerca di una comunità che supportasse e ritenesse valida la mia identità di genere è stato tortuoso. Mi impegno affinché io possa raggiungere sempre più persone con le mie informazioni sull’identità di genere, sebbene questo significhi dover sopportare un sacco di reazioni negative. Dai commenti maligni sotto ai miei video su Youtube alle persone che cercano di degradare la mia decisione di parlare di identità di genere: fare quello che faccio non è infatti propriamente facile.

4) Cosa ne pensi della moda genderless? Pensi stia aiutando a sensibilizzare la gente circa le tematiche che girano attorno all’identità di genere non binaria?

La moda androgina o genderless sta davvero iniziando a prendere piede, specialmente fra le celebrità (Jaden Smith, ad esempio, ha pubblicamente indossato abiti che sono convenzionalmente pensati per le donne). Secondo me, la moda genderless mette anche un po’ la pulce nell’orecchio a chi non aveva mai ponderato sul perché gli uomini, nella nostra cultura, non indossino ad esempio i vestiti.

5) Che consigli daresti a chi sta faticando ad accettare il proprio essere non-binary?

Ci vuol tempo, bisogna essere pazienti. La cosa migliore che una persona possa fare è darsi il permesso di esplorare, di essere se stessi al 100% una volta scoperto quale il proprio Io sia. Al contrario, cercare di sforzarsi a rientrare in una certa categoria, o anche ‘scegliere’ una etichetta prima di aver capito chi si sia e come presentarsi al mondo, è estremamente dannoso. Non preoccupatevi degli altri, fate quello che dovete fare per voi e basta.

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6) Cosa vorresti invece dire a chi non è ‘fuori dal binario’, ma non sa come rapportarsi correttamente a chi lo è?

Siamo solo persone. Magari non abbiamo le stesse esperienze circa l’identità di genere che avete avuto voi, ma non piace forse anche a voi leggere? Non avete magari anche voi praticato qualche sport da piccoli? O forse parlare spagnolo o avete un cane o vi piace far viaggi. Le differenze di genere a noi appaiono minacciose perché le possiamo vedere, ci fanno sentire impauriti e confusi. Cercate di ricordare quindi che sotto alla mia identità di genere c’è sempre una persona, e quella persona vi mostrerà di avere qualcosa in comune con voi se solo avete voglia di guardare un po’ più in profondità.

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Ecco le domande del Gender Tag Project. Questa serie di domande è aperta a tutti, trans* e cisgender, ed è anche volta a mettere un po’ in discussione  quelli che sono i ruoli di genere convenzionali imposti dalla nostra società.

1. Come auto-definisci la tua identità di genere, e cosa significa quella definizione per te?

2. Quali pronomi rispettano la tua identità di genere?

3. Descrivi lo stile di vestiti che indossi più abitualmente.

4. Parla delle tue scelte circa i peli. Ne hai sul viso? Cosa radi, di solito? E cosa no, invece?

5. Parla dei cosmetici. Scegli di indossare trucco? Indossi lo smalto? Che tipo di saponi e profumi usi o meno?

6. Ti è mai capitato che qualcuno si riferisse a te attribuendoti un’identità di genere sbagliata? Se sì, quanto spesso accade?

7. Ti è mai capitato di vivere episodi di disforia di genere? In caso affermativo, che conseguenze ha avuto su di te?

8. Parla di bambini. Ti piacerebbe averne? Qualora potessi biologicamente, ne terresti uno? Ti piacerebbe essere la persona che fornisce le cure primarie per uno o più bambini, qualora dovessi averne?

9. Parla di soldi. È importante per te l’idea di essere colui/colei che provvede finanziariamente alla famiglia, qualora dovessi averne una? È più importante per te guadagnare più soldi del tuo partner? Preferisci essere tu a pagare durante gli appuntamenti? Ti senti a disagio quando qualcuno paga per te o si offre per farlo?

10. C’è qualcos’altro che vuoi condividere, circa quello che è per te il genere/la tua esperienza con esso?

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