Articolo di Alessandra Vescio
Avevo scritto tutto un altro articolo per parlare dell’uscita di “Parità in pillole”, il secondo libro di Irene Facheris: un pezzo imparziale in cui, con distacco e professionalità, cercavo di esporre i punti di forza del saggio senza lasciarmi andare a inutili encomi. L’ho scritto, l’ho riletto, l’ho ripulito di tutti i fronzoli possibili ed era lì, pronto per essere pubblicato: volevo che a venir fuori fosse il contenuto del libro, non la mia stima nei confronti dell’autrice. Volevo che fosse chiara l’importanza di questo lavoro e volevo che lo fosse in modo quanto più possibile obiettivo.
Poi ho riletto ciò che avevo scritto ancora una volta, sono arrivata fino alla fine e mi è sembrato tutto troppo asettico, come se per il desiderio dell’obiettività avessi messo da parte il cuore.
E allora ho cancellato tutto e mi sono rimessa a scrivere, per dare al pezzo una piega diversa, per parlare del libro in maniera diversa: non per compiacere chi il libro lo ha scritto, sia chiaro, ma perché non avrei potuto fare altrimenti.
Ho letto “Parità in pillole” in anteprima. Per farlo, mi sono presa una settimana di tempo: io, lettrice vorace, volevo avere la possibilità di approfondire ogni concetto, leggerlo e metabolizzarlo, lasciarlo sedimentare dentro di me e ripartire. Non perché il tema mi fosse estraneo, il femminismo intersezionale è il mio pane quotidiano ed è ciò di cui parlo, leggo e scrivo ogni giorno, tutto il giorno. Ma il libro di Irene volevo capirlo a fondo: volevo capire cosa potesse dare, quali strumenti potesse offrire e che ruolo potesse svolgere nelle vite di chi lo legge, a prescindere da se e quanto si dica femminista. E così ho fatto: ho preso del tempo per capire.
Sono mille i modi in cui ci si avvicina al femminismo: un’amica o una sorella più grande che parla di certi temi, un libro o un film sulla prima ondata, un gruppo musicale degli anni Novanta, un articolo di giornale che apre un mondo. A volte arriva all’improvviso, a volte è un’esigenza che nasce piano piano, brucia dentro per un po’ e alla prima occasione utile si illumina e trova le risposte. Lì inizia a crescere la voglia di saperne di più, di approfondire, di capire, di imparare a utilizzare le parole giuste, di riconoscere certi fenomeni e circoscriverli con il linguaggio e le azioni. Non sempre però è facile trovare le risposte: quante volte vi è capitato di perdervi tra articoli di giornali, descrizioni enciclopediche, interviste in lingua straniera, saggi dal linguaggio complesso (perché la complessità è necessaria, ma a volte non si hanno gli strumenti per capirla)?
A me è successo e anche più di una volta, ma nonostante tutto sono grata alla ricerca che ho dovuto fare per provare a capire. Quanto sarebbe stato però più semplice avere le risposte fin da piccola? Quanti nodi avrei sciolto, se certe cose le avessi sapute e capite da subito? Se avessi avuto qualcuno accanto a insegnarmi il femminismo? A dirmi che la colpa non era mia, non ero io a essere sbagliata, e che tutta quella rabbia che provavo aveva un senso? Sì, sarebbe stato tutto più facile.
Per questo motivo un po’ invidio le nuove generazioni, che hanno avuto la fortuna di crescere e trovare le risposte alle proprie domande grazie a risorse preziose, accessibili, immediate. Una di queste, non c’è dubbio, è “Parità in pillole”, la rubrica per ragazzi che Irene Facheris, in arte Cimdrp, ha aperto nel 2016 su Youtube. “La migliore idea che mi sia venuta in mente”, l’ha definita lei. E io, che non posso né smentire né confermare questa frase, posso solo parlare dell’impatto e dell’importanza che questa rubrica ha avuto negli anni.
150 puntate ricche di informazioni, interviste, incontri, sorprese, spiegazioni e soprattutto chiarezza: tramite una semplice rubrica su Youtube, Irene ha reso la parità accessibile e il femminismo uno stile di vita. Dopo quasi quattro anni, “Parità in pillole” fa un passo in avanti, un passo necessario, che rende questo lavoro ancora più fruibile. Da oggi, infatti, “Parità in pillole” è anche un libro.
Come un piccolo dizionario suddiviso per capitoli tematici, il libro “Parità in pillole” affronta tutte le tematiche principali legate al femminismo intersezionale. Qui infatti si parla di glass ceiling e molestie, slut shaming e body positivity, quote rosa e mascolinità tossica, fino al ruolo svolto dal linguaggio in società e in ogni contesto e alla sezione dedicata alla storia del femminismo e delle sue ondate. Prendendosi molto più spazio di quello concesso da un video su Youtube, in “Parità in pillole” Irene Facheris parte dalle puntate della sua rubrica e va a fondo, approfondisce i concetti e offre ancora più strumenti: in sostanza, dà a tutt* la possibilità di costruirsi un pensiero femminista. Il libro inoltre contiene anche un’intera bibliografia di saggi e testi che l’autrice ha letto e studiato negli anni e da cui ha attinto (e continua ad attingere) per il suo lavoro di attivista: una fonte preziosa per chiunque abbia voglia di approfondire il femminismo intersezionale e magari non sa da dove cominciare.
A rendere speciale questo libro però non è soltanto il contenuto, ma anche il modo in cui questo è esposto. “Parità in pillole” infatti parla di fenomeni complessi in modo diretto e senza troppi giri di parole, ricorrendo a momenti di vita quotidiana, stralci di canzoni, frasi di film ed esempi efficaci, che fanno capire subito di cosa si sta parlando. Leggendo “Parità in pillole”, insomma, è facile riconoscersi in certi episodi, ricordare di aver vissuto vicende simili, riuscire a identificare alcuni comportamenti e capire che no, certe cose non dipendono da noi e – soprattutto – non riguardano solo noi.
È proprio l’accessibilità, cifra stilistica di tutti i lavori di Irene Facheris, a rendere questo libro adatto a tutt*. “Parità in pillole” infatti è ideale per i ragazzi e le ragazze preadolescenti che hanno la testa piena di domande su di sé e sul mondo, per i giovani e le giovani che hanno sempre sentito parlare di femminismo ma non hanno ancora chiaro cosa sia, per i genitori e gli adulti che vogliono essere davvero d’aiuto e al fianco delle nuove generazioni e anche per coloro che credono di sapere tutto sull’argomento (e che quindi non ne sanno mai abbastanza). Per chi crede che le femministe siano esagerate e chi ha bisogno di fare chiarezza dentro di sé. Per chi parla di diritti civili in base al sentito dire e chi pensa che sia tutto o bianco o nero. Per chi conosce bene l’argomento e ha bisogno di non sentirsi sol* in questa battaglia, per chi fa attivismo e cerca sempre le parole giuste.
Se ripenso allora alla domanda che mi sono posta prima di leggere “Parità in pillole”, a cosa e a quanto sia in grado di dare questo lavoro, la risposta adesso è quasi ovvia: “Parità in pillole” infonde fiducia nel domani, perché ora tutt* abbiamo gli strumenti per capire, e infonde fiducia nel presente, perché fa sempre un certo effetto ritrovarsi e sapere che là fuori siamo in tant* a lottare.
Sì, “Parità in pillole” è un libro necessario. Per tutt*.