Articolo di Gloria Spagnoli
Come è possibile accettarsi come omosessuale e disabile allo stesso tempo? Quali sono gli stereotipi legati al mondo della disabilità? Come si abbattono questi stereotipi?
Ce lo racconta Martina che, dopo aver affrontato il suo percorso di accettazione sia come donna lesbica che come disabile, ha accettato di condividere un pezzo della sua vita con noi.
Questa intervista è dedicata a tutt* coloro che, per un motivo o per l’altro, hanno difficoltà ad accettarsi e a vivere serenamente. Con l’augurio che le parole di Martina possano portare una ventata di positività e dare a tutt* la forza di vivere in pace con noi stess*.
Buona lettura!
Perché, secondo te, è importante raccontare la tua storia?
Il mio principale obbiettivo è quello di trasmettere un messaggio di positività, speranza e soprattutto normalità a chi leggerà o ascolterà la mia storia. Quello che mi auguro e che in seguito alla mia intervista tutte le persone senza alcuna distinzione: omosessuali, eterosessuali, disabili o normodotati e ancora di etnie diverse, possano trovare la forza di accettare la loro condizione e se così possiamo dire, “Uscire dal loro guscio”. Quindi spero davvero di aiutare tutte le persone, che stanno vivendo un momento di difficoltà ad affrontare ed annientare la paura, dalla quale vengono completamente sopraffatti negando a loro stessi la cosa più importante: la pace interiore, nascosta nel profondo dell’animo umano.
Come è stato dover affrontare un percorso di doppia accettazione sia come lesbica che come disabile?
Sicuramente per me arrivare ad essere ciò che sono oggi non è stato semplice, ma mi ritengo fortunata ad aver avuto al mio fianco una donna speciale: mia madre. Fin da piccola io sono sempre stata consapevole del mio Handicap, sapevo benissimo di non poter fare le stesse cose degli altri bambini, mia madre cercava ugualmente di farmele fare in maniera un po’ diversa ovviamente. Inoltre lei non mi ha mai nascosto la verità sulla mia condizione: precisamente sono affetta da una Tetra-Paresi-Spastica, anzi mi ha sempre messa di fronte alla realtà nuda e cruda, senza addolcire la pillola, perché mai avrebbe dovuto farlo? Per condannarmi a una vita di illusioni e infelicità? Nah non sarei stata la stessa Martina. È grazie a questo che nel corso degli anni ho accettato prima la sedia a rotelle, poi durante la pubertà ho compreso ed accettato anche il mio orientamento sessuale. Ovviamente i primi tempi lo negavo a me stessa perché sentivo che avrei dovuto caricarmi sulle spalle un altro fardello oltre a quello che già portavo, ma anche sotto questo punto di vista la presenza e il supporto di mia madre mi hanno aiutata. Ci tengo a dire che il sostegno da parte della famiglia è indispensabile, per chi sta affrontando un cambiamento interiore tanto complesso e delicato. Concludo con una frase, che mi accompagna da quasi tutta la vita:” Ricordate, che siamo noi stessi a decidere cosa si possa considerare normale e cosa non lo è”.
Cosa, secondo te, è determinante nel percorso di accettazione di sé stess*?
Per rispondere a questa domanda mi ricollegherei a quanto detto sopra, sia per quanto riguarda la famiglia, sia per quanto riguarda il singolo individuo. La prima cosa appunto è la famiglia, anche se siamo ormai nel 2016 purtroppo esiste ancora molta ignoranza e chiusura da parte delle persone, pensate che alcuni sono addirittura convinti che, segregare il figlio disabile in casa sia l’unica soluzione possibile per evitare la vergogna e la pietà provata da loro stessi e dagli altri. Figuriamoci poi l’omosessualità, considerata da molti una malattia. Insomma credo che ci debba essere anche una dose di fortuna per ognuno di noi. Non dimentichiamoci però che, anche la determinazione, la forza e il coraggio di ogni singolo individuo devono fare la loro parte. Un’ ultima cosa indispensabile per affrontare l’accettazione di sé; mettersi sempre di fronte alla verità, mai nascondersi dietro un paravento di bugie, per paura di affrontare la propria sofferenza. Quindi a voi cari lettori ripeto nuovamente:” Ricordate, che siamo noi stessi a decidere cosa si possa considerare normale e cosa non lo è”. Questa a mio parere è la chiave per accettare se stessi.
Esistono, in Italia, gruppi o associazioni dedicati alle persone omosessuali e disabili? Una persona disabile e omosessuale a chi può rivolgersi per trovare supporto?
Non esiste una associazione nazionale di Omo-Disabili, però esistono gruppi su internet, come ad esempio: Il Forum 17 giugno, dove gli utenti omosessuali, eterosessuali , disabili e non, si “incontrano” quotidianamente, confrontandosi sull’omosessualità, la disabilità, l’affettività, sulle proprie storie personali, sulla politica e la società. Questo forum fa parte dell’indagine Abili di cuore Omo-Disabilità: quale rapporto tra omosessualità e disabilità? coordinata da Priscilla Berardi, sessuologa e psicoterapeuta, Arcigay e l’associazione di terapia familiare di Bologna. Altri ancora come Jump LGBT Oltre tutte le barriere, nato all’interno dell’Arcigay Cassero di Bologna, anch’esso costituisce un luogo di socializzazione e incontro per le tutte le persone della comunità LGBT con disabilità. Per chiunque necessitasse supporto consiglio di rivolgersi al Progetto Accessibilità, che si pone come obiettivo l’integrazione di tutti gli individui per contrastare pregiudizi, discriminazioni o emarginazioni a causa di disabilità. Nell’edizione 2014 il Progetto Accessibilità si articola nel servizio di accompagnamento per persone non vedenti e nel servizio di interpretariato in LIS per le persone sorde.
Hai mai avuto paura di non essere accolta e accettata all’interno della comunità LGBT? Qual è stato il tuo primo impatto con la comunità gay?
Ad essere sincera no, assolutamente anzi, mi sono sentita da subito integrata, compresa, ma la cosa per me più importante è che non mi sono in alcun modo sentita giudicata. Il mio primo impatto nella comunità gay è stato bellissimo, perché a differenza dei locali o delle discoteche eterosessuali, dove a volte mi capitava di andare e dove puntualmente ricevevo occhiate di disgusto, pietose o peggio commenti offensivi e fuori luogo, nei locali gay-lesbo invece era completamente il contrario. Ricordo ancora la mia prima volta al Rha Bar zona navigli qui a Milano, ora purtroppo ha chiuso, ma come dicevo ricordo ancora la sensazione meravigliosa di sentirsi al posto giusto, nel momento giusto e con le persone giuste. È vero anche però che le donne hanno una maggiore predisposizione nell’ accettare l’altro rispetto ai maschietti, che a volte hanno la tendenza a “escludere” la persona che ai loro occhi non è ciò che si aspettavano. Un mio caro amico gay una volta parlando proprio della differenza tra i nostri due mondi, pur essendo simili per la maggior parte degli aspetti, mi ha detto che per i ragazzi è davvero più complicato, persino i primi incontri, perché se “non rientri” negli standard da subito vieni immediatamente emarginato. Ricordate sempre però che è tutto molto soggettivo.
Quando incroci qualcun* per strada, quali sono le reazioni che maggiormente noti nelle persone?
Mentre rispondo spero di strappare un sorriso a voi lettori. Allora dovete sapere che la sottoscritta fin da piccolissima è stata abituata alla gente che la fissa, oppure si mette a piangere, se non ti fissano ti guardano con pietà, che assolutamente non tollero, quindi li fisso a mia volta con occhi di fuoco, alcuni spaventati solo dallo sguardo si voltano immediatamente a guardare altrove, altri invece continuano a fissarmi ed è li che scatta la frase:” Signora/e vuole la foto? Cinque euro!”. Questa battuta è nata dalla mia compagna Erika, ora non ricordo il momento preciso, ricordo soltanto le nostre risate incontrollate quando la persona (ovviamente non gli abbiamo riso in faccia, ma una volta a casa) dopo aver sentito la battuta si volta borbottando cose incomprensibili, oppure restano con la bocca spalancata come fossero catatonici. Per fortuna però esistono anche persone che hanno nei miei confronti un approccio assolutamente normale, come se la sedia a rotelle fosse invisibile.
Ti è mai capitato che qualcun* ti chiedesse come fai ad avere rapporti con la tua compagna? Se sì, hai preferito rispondere con la verità oppure hai evitato l’argomento?
Si mi è capitato infinite volte, perché come tutti voi saprete la maggior parte delle persone pensa che il disabile in quanto tale sia asessuato. Assurdo no? La capacità di avere rapporti sessuali, può essere condizionata dalla gravità della disabilità, ma anche una persona che non può muovere nulla se vive una vita di coppia può benissimo fare l’amore con il partner, perché sarà lui ad arrivare dove l’altro non può. Anche a questo proposito sono convinta che la fortuna debba giocare le sue carte. Quando mi veniva posta la domanda io ho sempre risposto con il sorriso:” Perché tu come lo fai?”. Quando l’interlocutore mi rispondeva balbettando e visibilmente in imbarazzo, aggiungevo:” uguale, Anzi ad essere sincera addirittura meglio, perché le mie gambe sono snodate, quindi mi ritengo più fortunata di una ragazza normale no?!”.
Quali sono i pregiudizi che ti trovi più spesso ad affrontare?
Purtroppo come ho detto precedentemente è presente nella nostra società un alto livello di ignoranza e pregiudizio, che condiziona gli individui. Quindi le persone vedendomi pensano che sia ritardata mentale, perché la disabilità fisica viene collegata, errando ovviamente al ritardo mentale. Di solito li lascio fare per un po’ poi li freddo di botto dicendogli soltanto:” sono disabile non deficiente!”. Nel corso della mia vita, forse grazie alla mia spiccata sensibilità, sono sempre riuscita a distinguere un ritardato da una persona normale, se li osservate noterete subito la differenza tra lo sguardo del primo, completamente assente e chiuso nel suo mondo ed il secondo luminoso e vispo, anche nel caso in cui si trovi su una sedia a rotelle.
Qual è, secondo te, il modo migliore per abbattere i pregiudizi legati al mondo della disabilità?
Personalmente ritengo che il miglior modo per abbattere i pregiudizi legati al mondo della disabilità sia l’informazione. Ricordate che le persone temono più di ogni altra cosa ciò che non conoscono. Secondo me le prime ad dover essere “istruite” sono proprio le famiglie. Pensate che ancora oggi molte non conoscono la patologia esatta del figlio, quindi non sanno assolutamente come muoversi. Un alto livello culturale ovviamente permette di affrontare i problemi in modo aperto e direttamente alla radice, ricordate che la cultura può rendere l’uomo “padrone” del mondo. In conclusione per abbattere i pregiudizi è necessario prima “eliminare” l’ignoranza per cedere il posto alla conoscenza. Come si raggiunge la conoscenza? Informandoci e documentandoci su tutto quello che ancora oggi ignoriamo.
Hai qualche consiglio per chi ci legge e sta vivendo quello che hai vissuto tu?
L’unico consiglio che posso darvi cari lettori è egoistico, ma essenziale se desiderate vivere in modo appagante e normale nonostante L’handicap. Dovete amarvi. Amarvi incondizionatamente, amare la vostra sedia a rotelle, se ne avete una, amare i vostri difetti anche quelli che magari nel corso degli anni vi facevano sentire discriminati e a disagio. Io personalmente amo la mia vita, amo i miei difetti, limiti, insomma amo me stessa e non vorrei cambiare nulla di ciò che è stato, fatta eccezione per la morte di mio padre, ma come sapete l’unica cosa a cui non c’è rimedio è la morte. In conclusione torno a ripetere amatevi! Soltanto dopo vi accetterete e sarete di conseguenza in grado di amare gli altri. Vi saluto invitandovi a mettere “Mi piace” sulla mia pagina Facebook “Io sono Martina e non sono diversa?”. Sarò felice di rispondere a tutte le vostre domande.
La donna speciale sei tu!
tua madre
Che dire… MArtina è mia cugina, quindi la conosco bene. Non mi stupiscono tutta questa consapevolezza ed energia, ma mi commuovono