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NO. Del rifiuto e del suo essere un problema essenzialmente maschile. Intervista a Lorenzo Gasparrini
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NO. Del rifiuto e del suo essere un problema essenzialmente maschile. Intervista a Lorenzo Gasparrini

Articolo di Attilio Palmieri

Il libro di aprile di Sinossy è “NO. Del rifiuto e del suo essere un problema essenzialmente maschile”, scritto da Lorenzo Gasparrini ed edito da effequ.

Il volume è strutturato in quattro sezioni: un’introduzione in cui l’autore enuncia senza mezzi termini alcune linee guida del suo lavoro e sottolinea le fondamenta sociali e culturali che fanno del rifiuto un problema spiccatamente maschile, come la connessione tra capitalismo e patriarcato; una prima parte in cui il focus è dedicato alla difficoltà per i maschi di accettare i “no” in tutte le loro forme; la seconda parte in cui al centro dell’indagine ci sono le difficoltà di agire il rifiuto nei confronti di altri maschi; la terza parte, infine, sulla competizione tra maschi etero come forma di tossicità da cui è importante liberarsi.

Con Lorenzo Gasparrini abbiamo parlato del suo lavoro e di alcune delle questioni più ricorrenti all’interno del volume.

Una scritta rosa shocking su fondo nero: “NO” fin dalla copertina sembra un manifesto. È così che vuoi che venga percepito?

Non avevo questa intenzione, anche perché allora avrei scritto qualcosa di molto più breve! Vorrei che fosse uno dei libri che riesca a far capire a tanti uomini che è necessario fare fronte comune contro quei problemi comuni che abbiamo: l’educazione sessista che ancora riceviamo in gran parte. In più, è pieno di riferimenti ad altri libri, ad altre persone, ad altri linguaggi perché c’è bisogno di diffondere il più possibile che gli strumenti da usare per questa lotta ci sono e sono tanti.

Viviamo in una cultura che non ha insegnato ai maschi come accettare un rifiuto: perché la mascolinità tradizionale è così fragile di fronte ai “no”?

Teniamo conto che si tratta di una fragilità comprensibile solo dal di fuori di quella cultura, come per esempio sono riusciti a fare tanti femminismi. Per chi di quella cultura è ancora intriso, non si tratta di fragilità ma del contrario: delle caratteristiche più desiderabili per un uomo, quelle che corrispondono alle caratteristiche tipiche del “maschio alfa”. Il rifiuto, il “no”, è quasi sempre in diretto contrasto con una o più di quelle caratteristiche: ecco che un uomo etero reagisce come se quel rifiuto fosse un’offesa personale, un insopportabile sopruso, invece di essere la manifestazione di un’altra libertà, di un altro diritto leciti quanto il proprio.

C’è una parte del libro in cui ti concentri sulla difficoltà di accettare i “no” in ambito lavorativo. Quanto conta il successo maschile per la cultura patriarcale?

Come spiego nel libro, uno dei tanti inganni della cultura patriarcale è convincere gli uomini che la realizzazione di sé consista nel successo e che si ottiene sempre a spese di qualcun altro; è un contesto agonistico, competitivo nel quale si è insieme perché tutti ne facciamo parte, l’uno contro l’altro perché è una competizione. Si parla ancora troppo poco del capitalismo come visione del mondo, parte della propria psicologia, modo di costruire relazioni personali. Abbiamo speso decenni a discutere di mezzi di produzione, padroni e proletari, e intanto il capitalismo – figlio del patriarcato – continuava e continua a formare le nostre personalità secondo i propri principi, rendendo inefficaci tutti quei discorsi.

Il linguaggio sessista tra maschi è normale amministrazione. Perché è così importante smettere di assecondare questi automatismi anche se a prima vista ci sembrano poco dannosi?

Ottima domanda, nella quale si vede com’è facile scambiare la causa con l’effetto. Il linguaggio sessista sembra poco dannoso proprio perché è un automatismo: non ci facciamo alcuna domanda su quello che da sempre è una nostra caratteristica e che sostanzialmente non ci fa alcun male. Serve ascoltare quello che altr* hanno da dire sul linguaggio sessista per capirlo e per metterlo criticamente in discussione: quello che diciamo di sessista – parole, espressioni, considerazioni – arriva a una sensibilità diversa dalla nostra (maschile etero) come una violenza. Se però non diamo importanza alle sensibilità diverse dalla nostra – altro atteggiamento sessista, quello di pensare che il corpo di un uomo etero sia “il” corpo di riferimento per tutt* – non capiremo mai che non “è una battuta”, non “sono solo parole”, non “volevo dire un’altra cosa”: sono tutte violenze.

Uno dei luoghi comuni più miopi sul femminismo è che “le donne sono le prime nemiche delle donne”, mentre una delle piaghe più sottovalutate è che gli uomini sono costantemente attaccati da uomini. Come mai così tanti maschi etero odiano altri maschi?

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Non credo – tranne alcuni casi, ovviamente – che si tratti di odio, quanto di una conseguenza ovvia dello “schizofrenico” atteggiamento che impariamo dall’educazione al patriarcato: il mio simile maschio etero è contemporaneamente un camerata e un avversario sulla strada del successo. Quindi non è odio: è che la piramide di potere ha un vertice stretto e siamo tutti uomini uguali pronti a giustificarci l’un l’altro per qualsiasi cosa fino a che non si tratta di salire su quella scala gerarchica per ottenere più potere (leggi: più sesso, più denaro, più popolarità). Allora la logica del branco si trasforma nella legge del più forte.

Chiudiamo con un po’ di ottimismo: nonostante la strada sia ancora lunghissima i maschi che parlano di femminismo sono sempre di più. Pensi ci sia in atto un’evoluzione da questo punto di vista?

Certamente, ed è un’evoluzione positiva perché malgrado le forze che si oppongono alla diffusione dei femminismi sono ancora tante e grandi, sono “costrette” a occuparsene perché non si può più mostrare semplicemente indifferenza. Come sempre in questi casi, siamo però già pieni di “fake feminist”, mi verrebbe da dire: gente che, più o meno in malafede, pensa che si possa diventare o essere femministi senza quel percorso di critica e abbandono di privilegi e sessismi patriarcali che compongono l’attuale identità di genere maschile etero. C’è da lavorare molto anche per colpa di queste persone, ma in un certo senso anche la loro presenza è il segno che si è messo in moto qualcosa di inarrestabile.

 

Ci vediamo venerdì 24 aprile sul nostro account Instagram, per parlare insieme nelle storie di “NO. Del rifiuto e del suo essere un problema essenzialmente maschile” di Lorenzo Gasparrini.

View Comment (1)
  • non sono un difensore del capitalismo (tutt’altro) ma se lo fossi sarebbe molto facile dire che grazie a quel sistema economico noi occidentali, gasparrini compreso, viviamo in quel benessere econimico che ci consente il lusso e il privilegio di studiare, leggere, laurarci in filosfia ed estetica e mettere in discussione quello stesso sistema. comunque intervista interesante e necessaria: persone di qualunque genere possono avere problemi ad accettare i no ma i maschi che non accettano i no tendono a essere più pericolosi e violenti. Può esistere una competizione sana? io credo di sì e rigurda uomini e donne

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