Articolo di Stefano Borghi
Si è conclusa negli Stati Uniti una serie televisiva di nicchia che ha riscosso un discreto successo e che ha toccato inaspettatamente dei temi come la discriminazione e l’omofobia: ideata dal produttore Byron Balasco e trasmessa dall’emittente televisivo Audience Nework dal 2014 al 2017, la serie tv in questione si intitola Kingdom.
La trama di questa serie televisiva prende luogo nella piccola cittadina di Venice (in California), dove vengono racconte le giornaliere difficoltà dei fidanzati e soci in affari Lisa e Alvey (interpretati da Frank Grillo e Kiele Sanchez) che gestiscono la palestra Navy Street per lottatori MMA (Mixed Martial Arts), seguendo le particolari dinamiche delle vite dei lottatori iscritti alla palestra, tra i quali Nate (Nick Jonas) e Jay (Jonathan Tucker), entrambi figli di Alvey avuti da una precedente relazione. La serie si focalizza sui pregi e i difetti dei singoli protagonisti immersi in un mondo prettamente machista e dai valori imposti da un ambiente in cui non esiste posto per i “maschi beta”.
Questo drama porta sul piccolo schermo le realtà quotidiane in cui l’orientamento sessuale o l’identità di genere vengono percepiti negativamente e generano contrasti all’interno del circuito MMA, approfondendo i caratteri e le paure dei protagonisti presi in considerazione.
Tra i personaggi di spicco che vivono situazioni discriminatorie c’è Nate, il quale è costretto a nascondere la sua omosessualità al fine di evitare ripercussioni sulla sua vita privata e lavorativa. Nate, in un primo momento timoroso del suo orientamento sessuale e a tratti contrario nell’accettare se stesso, è costretto ad affrontare la realtà quando la sua ex fidanzata, una volta scoperta la verità, minaccia di fare outing per vendicarsi della loro passata relazione in cui ella non era del tutto soddisfatta. Da quel momento lo sport e gli incontri di lotta diventano sempre più duri visto l’insorgere di alcuni comportamenti da parte dei suoi avversari che, una volta sparsa la voce, delineano una forte omofobia attraverso comportamenti antisportivi e offese. Nate attraverserà un percorso interiore molto importante al fine di trovare la propria accettazione e quella della sua famiglia.
Kingdom, inoltre, dedica spazio alle figure femminili che cercano di farsi strada in questo settore raccontando il gap di genere nell’ambiente lavorativo. Tra le protagoniste femminili c’è Lisa: una giovane donna in carriera che intende farsi strada nel management degli incontri MMA, ma che viene presa sotto gamba solo per il fatto di essere donna. Ella tenta di liberarsi dalle catene e dalle convenzioni maschiliste tipiche delle palestre dimostrando talento e propensione per gli affari, senza tuttavia rinunciare ad una vita privata che, nonostante gli alti e bassi, le permette di ottenere una ascesa all’interno del settore manageriale.
Nella seconda stagione arriva alla palestra di Venice anche Alicia: ragazza lottatrice incapace di trovare un allenatore che gli procuri degli incontri. La mancanza di lavoro, dovuta al poco sviluppo ed interesse del settore femminile nelle arti marziali, ovviamente genera pochi incassi e la costringe a vivere in macchina vagando per la California in cerca di un ingaggio. Alicia, fortunatamente, riesce a dimostrare la sua determinazione pur venendo messa sotto torchio dagli allenamenti intensivi di Alvey, il quale, spinto dalla fidanzata che crede nella giovane lottatrice, si impegna a spingere la sua figura addirittura al di sopra dei limiti imposti ai colleghi uomini.
I dialoghi fortemente realistici e a volte poco convenzionali ai tradizionali drama sono uno dei cavalli di battaglia di questa serie: le battute evitano di cadere nel classico “botta e risposta” tra un personaggio e l’altro risaltando molto di più le discussioni e i litigi che vengono resi molto più realisticamente del solito, grazie anche al forte utilizzo dello slang californiano e del gergo americano.
Questa serie tv rispecchia fortemente la realtà e sottolinea come ci sia ancora tanto lavoro da fare per abbattere le barriere degli stereotipi e delle convenzioni in alcuni ambienti agonistici affinché il mondo sia un posto migliore per tutti.