Articolo di Beatrice Carvisiglia
La seconda ondata del femminismo si sviluppa intorno agli anni ’60 del XX secolo, dapprima negli Stati Uniti, poi nel resto dei Paesi occidentali.
Sono anni notoriamente turbolenti a livello politico e straordinariamente prolifici dal punto di vista culturale. Il decennio si apre infatti con l’elezione di John Fitzgerald Kennedy a Presidente degli Stati Uniti e il tentativo degli USA di invadere Cuba, assieme al terribile scenario di conflitto in Vietnam. Il periodo viene quindi caratterizzato da una formidabile presa di coscienza collettiva, con l’emergere di movimenti studenteschi e proteste di massa. La mobilitazione giovanile che prende piede negli USA per contestare la guerra in Vietnam investe molti ambiti dei diritti civili: vengono messi in discussione i pilastri della società dei consumi e le istituzioni tradizionali. Al contempo, si costituiscono movimenti come quello di “Black Power” e “Black Panthers”, movimenti rivoluzionari in difesa dei diritti dei neri americani, ancora pesantemente discriminati a tutti i livelli della società. La peculiarità di queste organizzazioni sta anche nel rifiuto della non-violenza: viene infatti promosso l’utilizzo strumentale della violenza in una prospettiva di autodifesa. Tra le voci più potenti del movimento ricordiamo quella di Angela Davis, che è indubbiamente uno dei simboli più rappresentativi della rivolta.
La contestazione del consumismo e della società del benessere si esplica su vari livelli, in primis su quello culturale e artistico. L’arte si esprime in maniera del tutto rivoluzionaria, aprendo le porte alle masse e interrogandosi sul futuro della creatività nell’epoca industriale. La cosiddetta Pop art in voga negli anni Sessanta mette sul piedistallo oggetti quotidiani estraniandoli dal contesto pubblicitario di provenienza. I colori fluo e la vivacità delle rappresentazioni illustrano la vacuità del messaggio dei mass media.
La seconda ondata del femminismo: quali precedenti?
In questa fase di straordinaria vivacità intellettuale prende piede la seconda ondata femminista. Tale importante corrente teorica è preceduta da scritti rivoluzionari: nel periodo che corre tra la prima e la seconda ondata si posizionano figure di spicco quali Virginia Woolf e Simone de Beauvoir. Oltre ai suoi celebri romanzi, Virginia Woolf occupa uno spazio nel femminismo teorico grazie al suo “Una stanza tutta per sé” (1928) e al saggio “Le tre Ghinee” (1938). Il primo saggio è il frutto delle conferenze che Woolf tiene nel 1928 in alcuni college femminili. Durante quegli incontri, la scrittrice ragiona sul rapporto tra donne e cultura dominante. Attraverso questa sottile indagine sui nessi tra società patriarcale e l’assenza di contributo femminile nella storia passata e presente, Woolf sostiene la necessità che una donna debba possedere denaro e “una stanza tutta per sé” per poter scrivere, studiare ed elevarsi dalla propria condizione.
Nel secondo saggio, l’autrice prosegue sulla stessa scia e affronta i temi della “prevenzione della guerra, una università femminile e un’assistenza alle donne che vogliono esercitare una professione”. “Le tre ghinee” viene infatti scritto alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, che avrebbe lasciato cumuli di miserie e devastazioni. Questo pamphlet pacifista sostiene una peculiare tesi: per ostacolare e prevenire le possibilità di una futura guerra, occorre lasciare più spazio alle donne nella società, fornendo loro libero accesso all’istruzione e a ogni tipo di mestiere. Tale teoria è supportata dalla visione estremamente negativa del mondo militare-bellico, che Woolf mette in relazione al predominio assoluto del maschile. Il patriarcato infatti, schiacciando le donne ed estromettendole dalla vita pubblica, favorisce un sistema di rapporti basato su violenza e sopraffazione.
La francese Simone de Beauvoir pone invece basi teoriche fondamentali al femminismo di seconda ondata col suo scritto “Il Secondo Sesso” (1949). De Beauvoir pone l’accento sull’inferiorità a cui la donna è condannata nella società, con l’obiettivo di rendere palesi tutti quei meccanismi che costringono alla subordinazione. Questo saggio è sicuramente innovativo per il suo carattere rivoluzionario: De Beauvoir affronta infatti molti tabù della società, come il piacere sessuale e la libertà d’aborto.
Gli anni Sessanta e la nascita della NOW
Sul suolo americano la seconda ondata del femminismo prende il volto (e le mani) di Betty Friedan, autrice di “La mistica della femminilità” (1963). L’obiettivo di Friedan è quello di fornire una rappresentazione stereotipica della famiglia bianca e occidentale, in cui le donne si trovano ancora in una posizione d’inferiorità. L’autrice infatti pone l’accento sull’interiorizzazione che le donne hanno effettuato dello stereotipo, proposto largamente dai media, di moglie-madre-casalinga; abbandonando ogni ambizione al di fuori delle mura domestiche.
Su queste importanti basi teoriche si innescano dunque le rivendicazioni della seconda ondata femminista, che si focalizza più che altro sulla diseguaglianza di genere, sul diritto all’aborto, sulla sessualità e sul diritto all’accesso al mondo professionale. Nell’America degli anni Sessanta il movimento è guidato proprio da Betty Friedan, che fonda insieme ad altre militanti NOW, “National Organization for Women” (1966). Nonostante le differenze interne a NOW, il movimento continua a espandersi e raggiunge il suo culmine nel 1968, quando le propaggini della seconda ondata sono ormai estese all’Europa. Queste battaglie ebbero importanti risvolti a livello legislativo, in particolare con l’emendamento per i diritti di uguaglianza, l’Equal Rights Amendment. Questo emendamento, proposto per la prima volta nel 1923 da Alice Paul e Crystal Eastman, si pone come obiettivo fondamentale la totale parità legale tra i sessi. La proposta non ebbe riscontro immediato: numerosi Stati rifiutarono in un primo momento di adattarsi all’emendamento. I movimenti più conservatori credevano infatti che l’ERA avrebbe potuto privare le donne di alcuni “privilegi”, quali l’esenzione dalla leva militare. Tuttavia, la battaglia per l’ERA costituisce un punto di partenza fondamentale per le successive lotte. In particolar modo, l’ERA fornisce uno standard di giudizio molto netto nei casi di discriminazione sessuale. L’emendamento vuole rappresentare inoltre una possibilità di difesa legale per tutte le donne che dovrebbero altrimenti intraprendere costose battaglie giuridiche.
Nel 1969, dopo aver organizzato una protesta alla Casa Bianca, NOW riesce a introdurre i primi corsi di Women’s Studies nelle università. Dagli anni ’70, l’organizzazione combatte per l’abolizione delle pratiche discriminatorie nei confronti delle donne sul luogo di lavoro, sostiene campagne per l’ammissione delle ragazze agli istituti di formazione superiore e ai livelli sportivi più alti, crea centri anti-violenza e strutture di supporto per vittime di abusi sessuali.
Nel 1968 a Boston l’attivista Roxanne Dunbar-Ortiz fonda “Cell 16”, il primo gruppo di femminismo separatista. L’organizzazione promuove il celibato, l’attività di autodifesa e l’esclusione degli uomini da ogni tipo di attività. Si tratta di una realtà dalla forte identità ideologica, che darà spinta anche ai successivi movimenti di separatismo lesbico, la cui scelta di separazione è attuata per sottrarsi alle regole della società prettamente eteronormativa.
Gli anni Settanta: il personale è politico
Nei primi anni Settanta in America il personaggio più influente è ormai Gloria Steinem, che si batte principalmente per l’aborto legale. Steinem, ancora oggi icona globale del femminismo, pronunciò un celebre “Messaggio alle donne d’America” (1971) a Washington. Questo discorso mantiene tuttora la sua potenza rivoluzionaria grazie all’intersezione tra diseguaglianza di genere e altre discriminazioni presenti nella società, come il razzismo e il classismo. Steinem si augura infatti una vera e propria rivoluzione, che abbatta le differenze più discriminanti e apra la strada a un nuovo “umanesimo”.
Negli stessi anni escono altri due testi importanti: “La politica del sesso” di Kate Millet e “La dialettica dei sessi” di Shulamith Firestone. Il testo di Millet si articola su una raffinata analisi di alcuni autori del Novecento, tra i quali Henry Miller e D.H.Lawrence, accusati di misoginia. Attraverso una scrittura accademica, Millet affronta le tematiche fondamentali della seconda ondata: diritti riproduttivi e questioni del corpo.
La rilettura degli scrittori novecenteschi in chiave fallocratica ebbe talmente successo che anche in Italia si tentò un simile approccio. Nel 1974 infatti, sulla scia del testo di Millet, esce “I padri della fallocultura”, di Liliana Caruso e Bibi Tomasi, in cui si analizza l’approccio al mondo femminile di alcuni autori nostrani come Alberto Moravia, Cesare Pavese, Dino Buzzati e Carlo Cassola.
Per quanto riguarda poi Shulamith Firestone, il suo pensiero è tuttora molto attuale: in “La dialettica dei sessi”, la filosofa parte da un’analisi di Marx per poi asserire che “una diagnosi economica basata sulla proprietà dei mezzi di produzione, persino dei mezzi di riproduzione, non spiega tutto”. Firestone sostiene infatti: “C’è un livello di realtà che non discende dall’economia […]”. L’unico strumento per spezzare il dominio del patriarcato, secondo la filosofa, è quello di riappropriarsi dei mezzi di riproduzione, sostenendo l’abolizione della famiglia tradizionale.
Nel 1970 Carol Hanisch, tra le fondatrici del New York Radical Women, conia uno degli slogan più famosi della seconda ondata del femminismo, ovvero “Il personale è politico”. Attraverso questa rivendicazione, le donne diventano coscienti del potere che la società esercita su di loro e che quelle situazioni, fino ad allora considerate private, in realtà affondano le radici nel pubblico. È proprio l’abbattimento della barriera tra il privato e il pubblico che crea dibattito su quanto e come le strutture del contesto sociale e storico influiscano sull’individuo.
In Inghilterra, una delle voci più potenti di questa seconda ondata è Germaine Greer. Greer è un personaggio sicuramente ancora molto discusso e il suo testo “L’eunuco femmina” (1970) ebbe un incredibile successo per via della sua peculiare struttura: organizzato in sezioni, descrive con termini semplici e immediati il sessismo della vita di tutti i giorni. Greer non si fa alcun problema a utilizzare termini e concetti forti (arrivando a consigliare a tutte le donne di assaggiare il proprio sangue mestruale) e definisce la sessualità femminile come castrata, costretta a una sudditanza psicologica. Il punto più controverso delle teorie di Germaine Greer è sicuramente l’aspetto transfobico: sia in “L’eunuco femmina” che nel suo testo più tardo “La donna intera” (1999), Greer condanna in maniera inequivocabile l’accettazione delle persone transgender da parte della società e arriva a scrivere: “l’ostinazione che uomini diventati donne siano accettati come donne è l’espressione istituzionalizzata dell’erronea convinzione che le donne siano degli uomini difettosi”.
In Italia, figura di spicco dell’ondata femminista è Carla Lonzi, autrice del discusso “Sputiamo su Hegel” (1970) e di “La donna clitoridea e la donna vaginale” (1971). Nel primo testo, Lonzi si interroga sul ruolo che alla donna viene assegnato nella storia e prende come punto di riferimento il filosofo tedesco Hegel per illustrare la passività a cui in genere si associa il femminile. Al contempo Lonzi, fondatrice del movimento Rivolta Femminile, cerca di rapportarsi alla corrente rivoluzionaria dei suoi tempi, il marxismo, evidenziandone però i limiti: tale sistema teorico non riesce comunque a smarcarsi dal dominio del patriarcato. Infatti la liberazione dalla proprietà privata, auspicata da Marx ed Engels, non riesce affatto a scardinare il ruolo passivo della donna nella società. In “Sputiamo su Hegel”, Carla Lonzi attacca anche un altro pensatore della cultura novecentesca: Sigmund Freud, teorico dell’invidia del pene. Il filosofo e psicanalista e le sue teorie sulla sessualità femminile vengono fortemente attaccate da Lonzi anche in “La donna clitoridea e la donna vaginale”. Questo saggio si basa su un assunto fondamentale: “Il piacere vaginale non è per la donna il piacere più profondo e completo, ma è il piacere ufficiale della cultura sessuale patriarcale”. L’autrice assimila dunque il piacere vaginale alla logica freudiana ed hegeliana in cui la donna è del tutto passiva e assoggettata al dominio maschile. Per liberarsi da questa logica, occorre che si recuperi il piacere clitorideo, il quale però è stigmatizzato dagli uomini perché interpretato come rifiuto del maschile e inclinazione verso il lesbismo. Viceversa, la clitoride è centrale per l’autonomia psichica e la creatività femminile.
Il movimento femminista italiano ha un’importanza cruciale per la politica degli anni Settanta: tra le battaglie più famose ci sono sicuramente quelle per l’aborto, per il divorzio e per la regolamentazione dei diritti familiari. Tra le conquiste più importanti a livello legislativo, ricordiamo la legge 903, introdotta dall’allora Ministra del lavoro e della Previdenza sociale Tina Anselmi, che pone un veto alle discriminazioni sessuali nel mondo del lavoro. Anche il contributo dell’UDI (Unione Donne Italiane), organizzazione fondata a Roma nel 1944, ha un’importanza fondamentale. Grazie all’impegno dell’UDI, vengono costituiti consultori di maternità con lo scopo di diffondere i metodi contraccettivi e organizzate manifestazioni ed eventi culturali sul tema dell’aborto, della sessualità e sul riconoscimento del periodo di maternità ai fini pensionistici.
La seconda ondata del femminismo si caratterizza dunque per una certa unità in tutto l’occidente e si raggiunge una consapevolezza maggiore rispetto alla prima ondata: non soltanto le attiviste chiedono uguali diritti giuridico-civili, ma riconoscono anche la diseguaglianza di genere nella società e si interrogano sulle problematiche legate al corpo e alla sessualità. Allo stesso tempo, la forza rivoluzionaria del movimento femminista e l’acquisizione di alcuni diritti fanno sì che il femminismo entri in una fase di “letargo” negli anni Ottanta. Bisognerà infatti aspettare gli anni Novanta per riprendere le fila del discorso femminista con una nuova e potente terza ondata, che cercherà una maggiore inclusività spostando lo sguardo dalla donna “bianca e borghese” al resto del mondo.